
Migliaia di peruviani scendono in piazza da giorni contro la mancata rimozione dei magistrati coinvolti nelle inchieste
Scontro istituzionale. La gravissima crisi tra i poteri istituzionali in Perù, con lo scontro tra Giustizia, Esecutivo e Legislativo rischia di travolgere il governo del presidente Martín Vizcarra. Messo sott’accusa dalla componente fujimorista, maggioranza al Congresso, il capo dello Stato ha deciso di porre la fiducia su quattro importanti provvedimenti di riforma che ha portato in Senato. Secondo la Costituzione, il presidente ha facoltà di chiudere o sciogliere il Parlamento se questo per due volte nega la fiducia al governo. Si tratta dell’ennesima grave crisi che da mesi attanaglia il paese andino, già colpito dallo scandalo Odebrecht che anche qui, come in altri 11 paesi dell’America Latina, ha portato a ondate di arresti per corruzione e la paralisi di importanti opere di infrastrutture pubbliche. Adesso, con la serie di intercettazioni audio nelle quali tre altissime figure della magistratura risultano implicate in un giro di favori e richieste di sconti di pena a carico di imputati e detenuti coinvolti in un’inchiesta sul Cartello di narcotrafficanti del porto del Callao, la crisi ha raggiunto il suo culmine. I magistrati coinvolti restano ancora al loro posto, tra cui il Procuratore Generale.
Decine di manifestazioni si sono susseguite a Lima e in altre città con la gente che è scesa in piazza reclamando misure più drastiche e la fine di una connivenza che appare più che imbarazzante. Tra i quattro provvedimenti inviati al Senato c’è quello sulla riforma del CNM, il nostro Consiglio Superiore della Magistratura, i cui membri furono già sospesi il 20 luglio scorso. Ed è proprio il CNM l’organismo che nomina, censura e giudica l’operato dei propri magistrati. Una riforma osteggiata dai fujimoristi e che adesso minacciano di usarla come clava per far crollare il governo. Vizcarra gioca d’anticipo e affida al Congresso il suo destino e quello del paese.
Riaprite l’ufficio. La Corte Costituzionale del Guatemala ha ordinato al presidente Jimmy Morales di revocare l’ordine di divieto d’ingresso al capo della Commissione anticorruzione dell’Onu e di far riaprire l’ufficio di stanza a Città del Guatemala. La decisione unanime dei cinque alti consiglieri ha vanificato gli sforzi del nuovo capo dello Stato per arginare il potere investigativo dell’organismo delle Nazioni Unite che tra i suoi dossier ha anche uno proprio a carico dello stesso presidente, accusato di aver intascato 1 milione di dollari per la sua campagna elettorale. Morales aveva annunciato la chiusura dell’ufficio e dichiarato persona “non grata” il capo della CICIG, il giudice colombiano Ivan Velasqez, una settimana fa. Lo aveva fatto di colpo, apparendo in televisione circondato dai vertici dei militari in divisa e usando toni duri e sprezzanti. La gente aveva reagito con manifestazioni di piazza e decine di ricorsi erano stati presentati alla Corte Suprema che adesso si è pronunciata con un verdetto vincolante.
L’ultimo dissidente. Una vasta operazione congiunta tra Colombia e Ecuador ha portato alla cattura di numerosi militanti delle Farc che non hanno aderito all’accordo di pace e alla smilitarizzazione dell’organizzazione. Il capo della fazione dissidente, composta da 400 uomini, sarebbe stato gravemente ferito a sarebbe in fuga. Lo ha annunciato il presidente della Colombia Iván Duque. Walter Artízala Vernaza, detto “El Guacho”, 30 anni, guida questo gruppo di uomini armati lungo la fascia del pacifico della Colombia. Più che di politica si dedicano al narcotraffico e al taglieggio, con estorsioni e rapimenti. Continuano a fare quello che facevano prima degli accordi di pace. Non si sono uniti alla stragrande maggioranza dei guerriglieri, si sono tenuti le armi, hanno stretto novi accordi con le gang e i Cartelli locali e internazionali cercando di mantenere fette di territorio dove transita il fiume di droga destinato agli Usa e all’Europa.
Niente interventi militari. Per la prima volta il Gruppo di Lima, organismo dell’America Latina legato all’Onu, si è espresso a maggioranza contro “un intervento militare in Venezuela”. Si tratta di un pronunciamento importante, soprattutto dopo le rivelazioni del New York Times che parlavano della serie di incontri tra esponenti dell’amministrazione statunitense e militari dissidenti venezuelani. Da sempre critico con il governo Maduro, il segretario dell’Organizzazione degli Stati Americani (OSA), Luis Almagro un giorno prima aveva ribadito la propria posizione intransigente sostenendo che “non si doveva scarater alcuna opzione”. Aveva rivordato la violazione dei diritti umani in Venezuela, la spaventosa crisi umanitaria e alimentare provocata dalle scelte del regime. Ma il Gruppo di Lima, con 11 voti su 14, ha voluto replicare con una presa di posizione netta e ha arginato, anche qui per la prima volta, quella di Almagro.

Espulso. Il sacerdote cileno Cristián Precht, accusato di numerosi abusi sessuali nei confronti di minorenni
Linea dura. Nel pieno della crisi che colpisce la Chiesa cilena, il papa ha deciso di applicare la massima pena nei confronti di un sacerdote accusato di abusi sessuali. Cristián Precht, icona del clero cileno, membro della Congregazione per la Dottrina della Fede, è stato radiato dalla Chiesa. Era già stato sospeso tra il 2012 e il 2017 “per condotte abusive con minorenni e maggiorenni” da parte del capo della curia cilena, il cardinale Ricardo Ezzati, nonostante l’esperto in diritto canonico Jaime Ortiz de Lazcano gli avesse raccomandato una sospensione a vita. Una volta scontata “la pena”, Precht era tornato nella sua parrocchia. Nello scorso dicembre altre cinque vittime si erano presentate alla magistratura e avevano svelato altri abusi sessuali commessi dal sacerdote. I loro racconti, con le storie odiose, cariche di sofferenze, alcune culminate con suicidi, avevano provocato una nuova ondata di proteste a cui Papa Francesco non si è voluto sottrarre decidendo, per la prima volta, di espellere dalla Chiesa Cristián Precht.
Mariachi killer. Indossando i tradizionali vestiti dei cantanti popolari messicani, suonando trombe, chitarre, armoniche e bonghi, un gruppo di mariachi ha iniziato a fare fuoco all’impazzata nel cuore di Città del Messico. Il gruppo stava suonando e cantando tra i bar e i ristoranti che si affacciano su Plaza Garibaldi, nel quartiere Tepito, in quel momento affollata di turisti. Mentre alcuni continuavano a strimpellare le canzoni più conosciute e tradizionali, altri hanno tirato fuori fucili automatici e pistole e hanno aperto il fuoco verso i tavolini all’aperto di un bar. Tre uomini e una donna, tra i 22 e i 46 anni, sono morti. La gente ha iniziato a correre verso i vicoli vicini e riparandosi dietro auto e i tavolini rovesciati. Alcuni bar e ristoranti hanno chiuso gli ingressi facendo delle barricate con le sedie. Un video mostra un marciachi impassibile mentre intona con un’arpa messicana la famosa Cucaracha tra il fischio delle pallottole. La zona è dominata dalla banda La Unión che si dedica all’estorsione e al traffico di droga. Dietro la sparatoria, sostengono gli inquirenti, c’è sicuramente lo scontro per il controllo del narcotraffico. Ma è la prima volta che una delle piazze più celebri e frequentate a Città del Messico si trova al centro di una sparatoria.
Cuba con i gay. Il nuovo presidente di Cuba, Miguel Diaz-Canel si è pronunciato ufficialmente a favore del matrimonio tra persone dello stesso sesso. “Penso che riconoscere le unioni tra le persone, indipendente dal loro sesso, sia un modo di eliminare ogni tipo di discriminazione nella società”, ha detto il capo dello Stato in un’intervista alla tv latinoamericana Telesur. Dalla metà di agosto i cubani hanno iniziato a discutere la nuova Costituzione che entro la fine dell’anno, dopo un referendum, entrerà in funzione. Il testo ha anche un articolo dedicato proprio alla libertà di unione tra le persone dello stesso sesso. Paladina della battaglia di gay, lesbiche e trans è sempre stata Mariela Castro, figlia di Raúl. Cuba dal 1959 fino al 2010 confinava nei centri di “rieducazione” omosessuali e lesbiche. Solo nel 2011, grazie appunto a Mariela, l’allora presidente Raúl riconobbe gli errori (ed orrori) praticati negli anni 60,70 e 80 del secolo scorso e aprì a tutti gli orientamenti sessuali.
Leave A Reply